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Il recupero dei residui di potatura negli oliveti specializzati intensivi


Raffaele Spinelli, Natascia Magagnotti, Gianni Picchi
CNR – Ivalsa, Sesto Fiorentino (FI)


Introduzione

In Italia gli oliveti coprono una superficie superiore al milione di ettari (ISTAT 2002), che moltiplicati per una produzione di residuo mediamente superiore alle 2 t/ha anno (Laraia et al. 2001) restituiscono un potenziale annuo vicino ai 2 milioni di tonnellate di biomassa tal quale. Si tratta di una risorsa importante, che potrebbe essere sfruttata per alimentare le centrali a biomassa, sempre più numerose sul nostro territorio. Tra l’altro, il recupero a fini energetici risolverebbe automaticamente il problema dello smaltimento, che oggi costituisce un onere importante per le aziende agricole talvolta obbligate per legge a non bruciare in situ il materiale. Di questa opportunità si sono già accorti sia il mondo agricolo che i costruttori di macchine, e insieme stanno cercando soluzioni tecniche al recupero dei residui di potatura. Recentemente sono apparse diverse macchine interessanti, capaci di buone prestazioni. Tutte però derivano dalla modifica di comuni attrezzature agricole, e soffrono dei limiti che normalmente caratterizzano le macchine originarie (Spinelli 2004). In particolare, tutte le attrezzature apparse finora sono retroportate, e non possono affrontare andane più alte della luce libera da terra del trattore a cui sono applicate: altrimenti il trattore spinge avanti l’andana, fino a formare una barriera capace di impedirne l’ulteriore avanzamento. Questo è un difetto importante, perché costringe a lavorare su andane relativamente “magre”, dove è molto difficile raggiungere livelli produttivi elevati. Inoltre, queste macchine hanno potenza e dimensione modeste, e lavorano con fatica il materiale con diametro maggiore di 4-5 cm. Infine, i modelli predisposti per la trinciatura impiegano organi di lavoro a mazze, che sfibrano il materiale più che tagliarlo, e producono un trinciato abbastanza irregolare. In sostanza, l’attuale generazione di attrezzature per il recupero dei residui di potatura è adeguata all’impiego nei vigneti, dove la concentrazione del residuo è modesta e i diametri trattati sono sempre piuttosto piccoli (Spinelli et al. 2006), ma è meno adatta agli oliveti, caratterizzati invece da una maggior concentrazione di materiale grossolano, specie quando la potatura è condotta su base pluriennale. La potatura eseguita in modo veloce, con tagli di grande dimensione, è infatti da preferire per conseguire un abbassamento dei costi di produzione, ma in tal caso la taglia delle andane e il diametro dei rami da trinciare sono talmente elevati da mettere in crisi la maggior parte delle macchine di derivazione agricola, limitandone seriamente le prestazioni (Nati et al. 2007). L’impiego di macchine relativamente leggere sul materiale legnoso più impegnativo fa temere una ridotta durata delle attrezzature e una maggiore incidenza dei costi di manutenzione. Tutti questi problemi forse si possono risolvere impiegando attrezzature frontali di derivazione forestale, senz’altro più robuste e capaci e concentrando le operazioni su base territoriale, magari attraverso l’associazione di più produttori o l’adozione di tali macchinari da parte di aziende di servizio. L’operazione di trinciatura può essere svolta in poco tempo e quindi i macchinari potrebbero essere utilizzati in un ristretto lasso temporale all’interno degli oliveti per poi essere utilizzati in altri campi (forestale, ambientale)

La Jordan RH 25

La Jordan RH 25 è una macchina costruita in Germania per recuperare la biomassa derivata dalla gestione dei meleti. Si tratta di una cippatrice forestale, modificata attraverso l’applicazione di un dispositivo per la raccolta automatica del materiale da cippare. Intorno alla robusta cippatrice a disco, il costruttore ha progettato una serie di pick-up modulari, che possono essere sostituiti in funzione del tipo di materiale da raccogliere. Le opzioni sono tre: alberi, espianti o ramaglie pesanti, ramaglie sottili. Nel primo caso, il pick-up ha due convogliatori a catene, che sollevano le piante abbattute e le portano verso l’imboccatura della cippatrice: le piante da raccogliere devono essere allineate a tegola, con i calci nella direzione della macchina, ed in genere sono abbattute diverse settimane prima della cippatura per consentire la perdita di umidità. Il pick-up per ramaglie pesanti invece è costituito da un rullo orizzontale che solleva da terra le ramaglie e da due grossi rulli verticali che le schiacciano e le convogliano al centro, verso la bocca della cippatrice. Nel caso degli espianti, questo pick-up può essere equipaggiato con un rullo spintore, posto in alto e aggettante in avanti, che spinge a terra le piante da eliminare, sradicandole. Infine, il pick-up per ramaglie sottili è basato su un dispositivo a pettini metallici, come quelli impiegati sulle rotopresse. Mentre la cippatrice è azionata da una trasmissione meccanica, i pick-up impiegano motori idraulici, per cui la macchina è completata da due grosse pompe e da un serbatoio dell’olio idraulico della capienza di 250 litri. L’attrezzatura è predisposta per l’applicazione al sollevatore idraulico di un trattore a guida retroversa, con potenza di almeno 150 kW. Il peso varia con il tipo di pick-up, e oscilla tra 2500 e 2800 kg. A richiesta la macchina può essere fornita insieme ad un container da 10 m3, da applicarsi sul sollevatore frontale del trattore. Oltre a rendere completamente autonomo il cantiere di cippatura, il container serve anche da contrappeso: esso è progettato per il ribaltamento alto, e consente di travasare il cippato direttamente nel rimorchio del trattore di appoggio o in uno scarrabile parcheggiato a bordo campo. Una macchina di questo tipo è senz’altro impegnativa, ma sembra ideale per l’impiego negli oliveti industriali, comunissimi in molti Paesi del Mediterraneo e sempre più diffusi anche in Italia – soprattutto nel Centro-Sud. In questi impianti, la giacitura del terreno e la disposizione razionale delle piante consentono il transito di attrezzature anche abbastanza ingombranti, e favoriscono il raggiungimento di produttività elevate. Inoltre, lo sviluppo particolarmente rigoglioso degli oliveti industriali consiglia una potatura energica, che produce grosse quantità di residuo, tali da poter risultare critiche per l’impiego di attrezzature più leggere.

Le prove

Nel 2006 il CNR ha avviato un nuovo ciclo di sperimentazione sulla raccolta dei residui di potatura. Il lavoro è eseguito per conto dell’ARSIA-Regione Toscana, coordinatrice del progetto interregionale “Woodland Energy - La filiera Legno-Energia come strumento di valorizzazione delle biomasse legnose d’origine agricola e forestale nelle regioni italiane”. Il progetto, cofinanziato dal programma PROBIO del Ministero per le Politiche Agricole e Forestali (MIPAF) e dalle 9 Regioni coinvolte, prevede la realizzazione e il monitoraggio di modelli replicabili di legno energia e l’attuazione di varie azioni dimostrative nelle nove regioni coinvolte, con l’obiettivo di illustrare agli operatori alcuni sistemi razionali di raccolta e gestione delle biomasse legnose agro-forestali per fini energetici.
 
Nell’ambito del progetto, il CNR ha già condotto una serie di prove negli oliveti Umbri, in collaborazione con ARUSIA. Queste sono state effettuate nella stagione passata, e hanno riguardato tre imballatrici e due trinciatrici – tutte di derivazione agricola. Le macchine in prova si sono dimostrate adatte alla realtà degli oliveti collinari, dove sarebbe stato difficile impiegare attrezzi più pesanti. Tuttavia, i rilievi hanno evidenziato i problemi già descritti in precedenza, e soprattutto la difficoltà a trattare le andane troppo voluminose e il materiale di pezzatura superiore ai 4-5 cm. Da qui l’interesse a individuare cantieri alternativi, che non soffrano di queste limitazioni e possano essere applicati con profitto all’olivicoltura industriale.
 
Pertanto, il CNR ha organizzato la prova della macchina Jordan presso la sua Azienda Sperimentale “Santa Paolina” di Follonica (GR), che è dotata di oltre 60 ha di frutteti, tra cui vari oliveti specializzati , piantati e gestiti secondo le tecniche più moderne.Tutti gli oliveti sono impiantati al sesto di metri 7 x 5 ed allevati a vaso libero o vaso cespugliato con potatura eseguita in turni pluriennali su porzioni diverse dell’intera superficie. La prova è stata organizzata in collaborazione con Hidrocom Srl, rappresentante Italiano della ditta Tedesca. Essa si è svolta tra il 24 e il 27 Gennaio 2007, su circa quattro ettari di oliveto, divisi in tre trattamenti distinti: potatura biennale, potatura pluriennale media e potatura pluriennale pesante. La differenza tra i trattamenti pluriennale medio e pluriennale pesante è legata alla varietà di olivo più che ad una scelta arbitraria del potatore: la potatura media ha riguardato le varietà meno vigorose, che nel periodo intercorso dall’intervento precedente non avevano costituito chiome eccessivamente sviluppate e quindi non necessitavano di un’intervento troppo energico. Nello stesso periodo, le varietà più dotate erano cresciute molto di più e quindi hanno ricevuto una potatura più drastica. Il terreno era pianeggiante e spietrato. Le andane erano disposte negli interfila, ed avevano diversa consistenza in funzione del trattamento. Una descrizione sintetica delle parcelle sperimentali è riportata in tabella 1. Le differenze relative alla massa, al diametro medio e al tenore idrico sono risultate statisticamente significative al test di analisi della varianza (SAS 1999). Si nota soprattutto l'eccezionale abbondanza di residuo prodotta negli oliveti specializzati, che già nel caso della potatura biennale supera di almeno due volte i valori riportati nella bibliografia più recente (Cotana et al. 2005), ed è superiore anche a quanto era stato registrato dal CNR nelle prove condotte lo scorso anno negli oliveti Umbri, dove la dotazione di biomassa residua raggiungeva in media le 3,4 t s.s./ha. Passando dalla potatura biennale a quella pluriennale, questi valori aumentano ancora di due o tre volte, e raggiungono livelli molto interessanti per chi voglia effettuare il recupero, e senz’altro preoccupanti nel caso di uno smaltimento a titolo oneroso. Le dimensioni delle andane variavano con il tipo di potatura, ed avevano una larghezza compresa tra 150 e i 180 cm, ed un’altezza variabile da 50 cm a 1 metro.
 
La macchina è stata impiegata in due configurazioni differenti: con il pick-up a pettine per ramaglie sottili sulla potatura biennale, e con quello a rulli per ramaglie pesanti sulla potatura pluriennale. Essa era applicata ad un trattore agricolo a guida reversibile Fendt Farmer 824, da 170 kW di potenza. Questo procedeva affiancato ad un altro trattore agricolo di taglia minore, che trainava un rimorchio a due assi con un cassone della capacità di 9 m3.
 

Tabella 1 – Caratteristiche delle parcelle sperimentali Parcella

Parcella

1

2

3

Periodicità

 

biennale

pluriennale

Tipo

 

ordinario

medio

pesante

Superficie

ha

0.59

1.74

1.58

Sesto

m

7 x 5.5

7 x 5.5

7 x 5.5

Massa

t/ha

7

11.6

18.5

T. Idrico

%

42.5

37.5

Massa

t s.s./ha

4.0

7.3

11.6

Diametro

mm

31

47

51


La quantità di biomassa prodotta è stata stimata pesando tutto il materiale proveniente da 9 piante campione, tre per trattamento. Il valore così ottenuto è stato confrontato con il peso di dieci rimorchi avviati ad una bilancia certificata, ed opportunamente corretto. La cubatura e la pesatura dei carichi ha permesso di conoscere la densità del cippato, risultata pari a 365 kg/m3. Il tenore idrico del materiale è stato determinato su 10 campioni di circa 1000 g ciascuno, utilizzando il metodo gravimetrico in base alla norma UNI 9017. La granulometria del cippato è stata determinata secondo quanto prescritto dalla raccomandazione CTI SC09 R03/01. I tempi di lavoro sono stati registrati con computer portatili ognitempo Husky Hunter, muniti dell'apposita installazione Siwork 3 (Spinelli e Kofman 1995). Il protocollo di rilievo ricalca essenzialmente quanto riportato sul manuale IATF (Berti et al. 1989) per il “rilievo separato dei tempi delle fasi di lavoro”. Le distanze percorse dalle macchine sono state rilevate con un distanziometro laser o con un topofilo.

Risultati

La macchina ha funzionato bene su tutti e tre i tipi di potatura: rare difficoltà si sono incontrate solo sulla potatura pluriennale, se i rami non erano allineati secondo una direzione prevalente. Un funzionamento perfetto infatti si ottiene attaccando i rami dalla parte delle foglie, con la sola eccezione delle branche più grosse, che invece devono essere presentate con il calcio verso la macchina. In alternativa, tutti i rami possono essere presentati alla macchina dalla parte distale, avendo cura di ridurre le forche più evidenti e di ridurre i pezzi più lunghi di due metri. I potatori che avevano allestito le andane non conoscevano queste finezze, ed avevano allineato i rami secondo un’unica direzione prevalente, senza però fare distinzione tra piccoli e grossi. Questo ha causato qualche bloccaggio, risolto dal conduttore direttamente dal posto di guida attraverso l’inversione ripetuta dei rulli di alimentazione, effettuata per schiacciare il pacco di legname “indigesto” fino a che questo non entrava nella cippatrice. Nel complesso queste manovre hanno aggiunto un 13 % al tempo di cippatura, rappresentando circa il 9 % del tempo totale di lavoro – incluse le volte, le attese e i vari tempi morti di lavoro. Includendo anche i bloccaggi, la cippatura procedeva ad un ritmo compreso tra le 9 e le 10 tonnellate tal quali per ora, in funzione della densità delle andane. Sulla potatura biennale, l’impiego del pick-up a pettine ha consentito di accelerare il lavoro, così da compensare la minore ricchezza delle andane con una maggiore velocità di avanzamento. In tal modo si è potuta mantenere quasi la stessa produttività conseguita nelle parcelle sottoposte a potatura pluriennale, altrimenti avvantaggiate dalla maggior concentrazione di residuo. L’analisi statistica dei dati dimostra differenze significative tra le velocità di lavoro registrate nei diversi trattamenti, che sono risultate inversamente proporzionali alla densità delle andane – come era logico attendersi. Il fattore limitante un ulteriore aumento del ritmo di lavoro sembra essere la capacità della cippatrice, visto che la produttività effettiva è rimasta costante e prossima al valore massimo atteso per una cippatrice della taglia in questione (Spinelli e Hartsough 2001). In altre parole, si può dire che i pick-up montati sulla macchina di Jordan sono adeguati alla cippatrice impiegata come base, e riescono a valorizzarne al meglio la potenzialità produttiva.
 
L’analisi statistica dei dati ha consentito la costruzione di un modello di calcolo capace di stimare accuratamente i costi di raccolta in funzione delle ipotesi tecniche ed economiche immesse dall’utente. Il modello calcola il tempo di cippatura in funzione del tipo di potatura, ed aggiunge i tempi di volta in base alla lunghezza delle file – e quindi al numero di file presenti sull’ettaro. Al tempo netto di lavoro così ottenuto si aggiunge una quota di tempo morto pari all’11%, secondo quanto misurato nel corso dello studio. Il modello calcola anche l’incidenza del tempo giornaliero di preparazione, considerato uguale a 45 minuti. Esso consente di confrontare due cantieri distinti: uno basato sullo scarico diretto nei cassoni di due rimorchi trainati da altrettanti trattori che si alternano sotto la cippatrice, e l’altro organizzato per l’impiego del container portato, capace di immagazzinare il cippato e travasarlo nel rimorchio di un solo trattore-navetta, incaricato di fare la spola tra la capezzagna e il piazzale di raccolta. In questa seconda ipotesi, diminuiscono i costi complessivi del cantiere per l’eliminazione di un trattore e rimorchio, e aumenta la quantità di cippato recuperato da ciascun ettaro di oliveto, per la drastica riduzione delle perdite di raccolta. Infatti, quando la cippatrice scarica direttamente su un rimorchio che procede affiancato nell’interfila adiacente, il getto del cippato è intercettato ogni 5 m dagli olivi che separano i due interfila, e parte del prodotto cade a terra. Questo non avviene se il cippato è avviato direttamente ad un container montato sul muso dello stesso trattore che aziona la cippatrice, perché in tal caso i due elementi sono in linea e la doccia di scarico confluisce direttamente nel container. Per motivi di spazio, non è stato possibile portare a Follonica anche il container, e quindi questa ipotesi è stata aggiunta a tavolino, sulla base di altre esperienze analoghe: in particolare si è ipotizzato un tempo di travaso del container pari a 3 minuti a evento, e un dimezzamento delle perdite di raccolta.
 
Inoltre, il modello contiene un’interfaccia per il calcolo del costo macchina, dove ciascuno può impostare liberamente le proprie ipotesi economiche, quali ad esempio il periodo di ammortamento, la retribuzione oraria del personale, il costo della manutenzione, la quota di spese generali etc. Il calcolo è effettuato con le comuni formule di matematica finanziaria utilizzate in agricoltura per stimare i costi macchina (Miyata 1980). La stima del costo operativo totale include anche il costo di trasferimento del cantiere e il costo evitato di trinciatura, il primo calcolato in base alla distanza coperta e adeguatamente ripartito sulla massa totale raccolta, il secondo immesso direttamente dall’utente in base alle tariffe applicate dai contoterzisti locali.
 
In tabella 2 sono riportati i risultati di una simulazione effettuata per paragonare le prestazioni economiche dei due cantieri nelle tre tipologie di intervento, mantenendo identiche tutte le altre ipotesi di lavoro. Il calcolo è impostato per campi sparsi di 5 ettari ciascuno, distanti 20 km l'uno dall'altro e costituiti da filari lunghi 200 m. Per il calcolo dei costi macchina si è considerato un investimento di 150.000 € per il trattore destinato ad azionare la cippatrice e di 90.000 € per la cippatrice stessa, 10.000 € per il container portato e 36.000 € per ciascun trattore di appoggio munito di rimorchio. Queste cifre sono state ammortate su 8 anni con un recupero del 20 % a fine servizio. Il monte ore annuo è stato stimato a 1000 unità per i trattori e i rimorchi, e 500 unità per la cippatrice e il container - sempre nell’ipotesi di un uso professionale. La remunerazione della manodopera è stata fissata a 16 €/ora, gli interessi passivi al 4 % e il costo del gasolio agricolo a 0,8 €/litro. Alla cifra così ottenuta è stato aggiunto un 20 %, per coprire le spese generali e il beneficio d’impresa. Ne risulta un costo orario compreso tra 148 e 153 € per il cantiere di cippatura - a seconda o meno dell'applicazione del container - e di 36 € per ciascun trattore di appoggio. Il costo evitato di smaltimento della potatura è stato considerato pari a 75 €/ha, in un'ipotesi del tutto prudenziale.
 
A seconda del tipo di cantiere, il costo di conferimento al centro aziendale varia da 38 a 55 €/t s.s., che equivalgono rispettivamente a 24 e 33 €/t tal quale. Si tratta di un prezzo modesto, e certamente molto inferiore a quello già calcolato per i residui di potatura dei vigneti dagli stessi Autori e con lo stesso metodo, che risultava variabile tra i 56 e gli 86 €/t tal quale (Spinelli et al. 2006).
 

Tabella 2 - Risultati della simulazione sull’ intera filiera di raccolta

Cantiere 1 - Due trattori appoggio

Cantiere 2 - Container e un trattore

Potatura

Biennale

Pluriennale

Pluriennale

Potatura

Biennale

Pluriennale

Pluriennale

Intervento

Ordinario

Medio

Pesante

Intervento

Ordinario

Medio

Pesante

t ss

16,1

29,0

46,3

t ss

20,1

36,3

57,8

ore

4,9

7,9

11,2

ore

5,4

8,9

12,8

Euro/lavoro

1065

1733

2460

Euro/lavoro

1029

1678

2415

Euro/trasfer.

200

200

200

Euro/trasfer.

172

172

172

Euro/evitati

375

375

375

Euro/evitati

375

375

375

Euro/t ss

55,3

53,7

49,4

Euro/t ss

41,1

40,7

38,2

Dist max

3,9

3,8

3,3

Dist max

2,5

2,5

2,1

tss/ora lorda

3,3

3,7

4,1

tss/ora lorda

3,7

4,1

4,5

Il modello restituisce anche la distanza massima di consegna del cippato che può essere raggiunta dai trattori navetta, senza che la cippatrice subisca tempi morti di attesa: se il piazzale di deposito è localizzato entro questa distanza, il trattore navetta riesce ad effettuare il trasporto nel tempo impiegato dalla cippatrice per riempire l'altro trattore o il container portato. Questa indicazione può facilitare l'organizzazione del lavoro, e consente di progettare una logistica efficiente.
 
A scopo di confronto, il modello calcola anche la produttività oraria lorda del cantiere, che in questo caso oscilla tra le 3.5 e le 4.5 t s.s. Questi numeri sono importanti perché danno una misura immediata circa l'efficienza della macchina di Jordan. Gli studi più recenti condotti sulla raccolta delle potature di olivo con trinciasarmenti (Nati et al. 2006, Vieri et al. 2006) e trinciamais (Pari e Cutini 2002) modificate convergono tutti su una produttività media di 0.71 t s.s./ora, con un minimo di 0.57 e un massimo di 0.94. Questo vuol dire che la produttività del cantiere Jordan è in media 5 volte maggiore rispetto a quella dei cantieri basati su attrezzature agricole modificate, e che anche nel caso meno favorevole alla macchina Tedesca, questo rapporto non scende sotto il valore di 3.5. Ovviamente, alla superiore produttività corrisponde anche un costo di esercizio più elevato, ma è difficile che questo finisca per essere cinque volte maggiore. Molto dipende dall'utilizzo annuale della macchina, e quindi dalla quantità di lavoro che il contoterzista riesce ad acquisire. Il modello restituisce anche la superficie che la macchina deve lavorare in un anno, per le ipotesi immesse dall'utente. Nel caso della tabella 2, l'ipotesi di un impiego annuo pari a 500 ore corrisponde ad una superficie lavorata compresa tra i 200 e i 500 ha/anno, che è senz'altro ragionevole nel quadro di un'attività industriale.
 
Per quanto riguarda la qualità della biomassa prodotta, i risultati sono incoraggianti. Il tenore idrico è abbastanza elevato (tra il 37 e il 42 %), ma questo è dovuto al breve tempo intercorso tra la potatura e la raccolta. Attendendo ancora qualche settimana si sarebbe potuto ottenere un cippato molto più asciutto, come confermano studi precedenti (Spinelli e Spinelli 2000).
 

Figura 1 – Granulometria del trinciato prodotto con diversi tipi di macchina e materiale

Tuttavia, il principale vantaggio qualitativo della macchina Tedesca deriva dall’impiegare una cippatrice invece di un trituratore: questa infatti è dotata di lame ed “affetta” il legname invece di frantumarlo, producendo frammenti più regolari e generalemente più omogenei. Tale affermazione è supportata dai dati sperimentali illustrati in figura 1, dove si osserva la granulometria di quattro partite distinte di trinciato, rappresentate da cinque campioni ciascuna.
 
Le prime due partite (Trincia 1 e Trincia 2) sono state ottenute con altrettante trinciaraccoglitrici dotate di trituratore a mazze, entrambe progettate per il recupero dei residui di potatura e dotate di particolari dispositivi raffinatori - rispettivamente un sistema a doppia elica in Trincia 1 e un vaglio intercambiabile in Trincia 2. Le altre due partite invece sono state ottenute con la cippatrice Jordan, rispettivamente su potatura biennale e pluriennale pesante. E’ subito evidente la differenza tra il materiale prodotto con i due tipi di macchina. Rispetto alle trincatrici, la cippatrice offre un prodotto molto più regolare: oltre il 90 % dei frammenti ricade entro la classe commerciale di pezzatura compresa tra 3 e 45 mm, e l’incidenza di polveri (< 3 mm) e di pezzi fuorimisura (> 63 mm) è dimezzata. Questa differenza è stata dimostrata come statisticamente significativa dall’analisi della varianza, mentre non sono risultate significative le differenze tra i due tipi di trinciatrice e i due tipi di potatura. In sostanza, i dati sembrano dire che la differenza la fa il tipo di macchina, e non il modello o le dimensioni del materiale trattato.

Conclusioni

La potatura degli oliveti industriali genera una gran quantità di residuo, anche molto superiore a quella normalmente ottenuta dagli impianti di tipo tradizionale: si parla infatti di 4-11 t s.s./ha per i primi, contro le 2-3 t s.s./ha dei secondi. Una tale quantità di biomassa è concentrata in andane particolarmente voluminose, difficilmente attaccabili dalle trinciaraccoglitrici di origine agricola, che già possono incontrare qualche difficoltà sugli impianti tradizionali più ricchi. Il recupero di questo materiale può essere effettuato con macchine di derivazione forestale, montate in posizione frontale e capaci di digerire materiale grossolano, disposto in andane alte fino ad un metro. Questo almeno è quanto ha fatto la macchina provata dal CNR, che ha raccolto senza problemi rami con un diametro di oltre 10 cm, raggiungendo una produttività cinque volte maggiore rispetto a quella delle trinciaraccoglitrici di derivazione agricola. Prestazioni tanto superiori compensano largamente il maggior costo di esercizio e permettono di mantenere il costo di conferimento presso il centro aziendale tra i 38 e i 55 €/t s.s. Oltretutto, la macchina produce un cippato più omogeneo rispetto a quello ottenuto con le trinciaraccoglitrici, che sono penalizzate da un dispositivo di sminuzzatura più impreciso e brutale. Un ulteriore vantaggio offerto da questa attrezzatura consiste nella grande flessibilità operativa, perché la macchina può essere impiegata indifferentemente sulle potature sottili e su quelle grossolane, sugli espianti, nei diradamenti boschivi ed eventualmente può essere anche riconvertita in una normale cippatrice forestale da usarsi a punto fisso. Il suo limite principale consiste nelle dimensioni elevate, che ne permettono l’impiego solo nelle piantagioni industriali in terreno pianeggiante. La macchina infatti non è abbastanza maneggevole da poter circolare negli oliveti di media e alta collina, che spesso sono terrazzati e presentano un allineamento molto approssimativo. In tal caso, è meglio impiegare attrezzature più leggere, sacrificando la produttività alla maneggevolezza. Negli impianti industriali invece è più logico ricorrere ad una macchina industriale, che è più produttiva e consente un maggior abbattimento dei costi di raccolta.
 
Per ulteriori informazioni: spinelli@ivalsa.cnr.it

Riconoscimenti

Lavoro svolto nell’ambito del progetto Interregionale “Woodland Energy”, coordinato dall’ARSIA – Regione Toscana e cofinanziato dal MiPAF nell’ambito del Programma PROBIO e dalle nove regioni coinvolte (Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Marche, Molise, Sicilia, Toscana e Umbria).
 
Gli Autori ringraziano in modo particolare i Dott. Claudio Cantini e Graziano Sani (CNR IVALSA - Follonica) e il Sig. Pietro Malcarne (Hidrocom - Milano) per il validissimo sostegno operativo durante l’organizzazione e la conduzione delle prove.
 

Bibliografia

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